..ovvero raccontino un po’ in ritardo della nostra gitarella nel deserto del Kalahari
Questo deserto e’ un po’ diverso: e’ una zona semi-arida, ospita flora e fauna (relativamente) ricche, si possono ammirare alberi, in particolare acacie e migliaia di animali, addirittura fiori: se piove un secondo, il secondo dopo i prati si animano di colori vivaci (i piu’ comuni sono dei delicatissimi fiori gialli, devil’s thorn e rosa, cat’s tail). E di tanto in tanto si vedono spuntare anche dei cocomeri, ma niente cammelli o dromedari..
Insomma la vita qui e’ frenetica, a suo modo..
Cosi’ tanto frenetica, che quasi un po’ siamo delusi..ci aspettavamo dune di sabbia, caldo insopportabile e vita inesistente, di sicuro non cosi’ tanto verde ne’ tanto meno la gran varieta’ di antilopi e uccelli e animali di ogni genere che invece abbiamo trovato ( e ammirato pur sempre estasiati! ).
Siamo partiti all’alba di un caldo giorno estivo: con un piccolo aereo abbiamo lasciato Cape Town e raggiunto Upington, cittadina nel Northern Cape, afoso e umidiccio punto base per le spedizioni nel Kgalagadi Transfontier National Park, dove ci attendeva la nostra guida ( un po’ stile rambo!) e una 4x4 carica di cibo, tende e bevande per tre giorni .. e tanta tanta carne.. Il parco e’ una riserva naturale vastissima e deve il suo nome alla particolarita’ di estendersi tra tre stati: SudAfrica, Botswana e Namibia.
Da Upington ad arrivare al parco la strada e’ lunga e rovente: 250km di nulla che ben ti fanno entrare in atmosfera. Si incontrano pochissime macchine lungo il percorso e tutti ti salutano e strombazzano contenti di vedere qualche altra anima che percorre la stessa strada.
Si avvistano sporadicamente anche delle saline per la raccolta del mitico sale del kalahari: ebbene, esiste il sale anche in un posto cosi’ arido (oltretutto venduto a caro prezzo nei supermercati italiani). Pare che in alcuni particolari punti si trovino infatti delle rocce di solo cloruro di sodio: fino a qualche tempo fa, si aspettava che piovesse, dopo di che si lasciava evaporare l’acqua arricchitasi del sale delle rocce e poi lo si raccoglieva; adesso, con un po’ di tecnologia e qualche pannello solare, pompano l’acqua dal sottosuolo (senza aspettare che piova!), la lasciano evaporare e ottengono infine questo prezioso sale, dal colore un po’ rosato.
Durante il tragitto, la nostra guida parla parla ma noi, mezzi intontiti dalla levataccia, mezzi dall’entusiasmo, facciamo poco caso ai suoi racconti; tutti comunque ci sembrano piuttosto irreali, quasi fastidiosi: ci racconta di uomini capaci di legare insieme le code di due leoni, lui stesso pare che una volta sia stato attaccato da tre scorpioni allo stesso tempo e sia sopravvissuto e cosi’ via..l’ho detto, sembra un po’ rambo..
Arriviamo al campeggio intorno a mezzogiorno: il twee rivieren campsite.
Approfittando del caldo torrido e del fatto che a quest’ora gli animali generalmente fanno una pennichella, facciamo un bagno rinfrescante nella piscina ( animata da coloratissime libellule ), ci rilassiamo sotto le fronde degli alberi, montiamo le tende e organizziamo la cucina per uno spuntino...insomma trascorriamo un po’di tempo prima di un’uscita nel pomeriggio tardo alla scoperta, finalmente, di questo kgalagadi.
Mentre viaggiamo nel parco, i nostri sensi sono principalmente rivolti all’avvistamento di leoni e leopardi..ma perche’ siamo cosi’ tanto attratti dalle fiere quando di fauna ce n’e’ tanta e variegata e incredibile anche tra i piu’ “miti” erbivori? Mistero!
Nell’attesa di vedere i maestosi felini, siamo rapiti da un paesaggio meraviglioso, come gia’ detto fin troppo ricco di vegetazione rispetto a cio’ che immaginavamo ma vastissimo, unico, la presenza di ruminanti di ogni misura lo rende ancor piu’ speciale e la luce del pomeriggio tardo fa il resto ( non parliamo poi di quello splendido rosa del cielo al tramonto ).
Dopo avere viaggiato un bel po’ con la bocca aperta, la fronte incollata al finestrino e la testa gradualmente piu’ libera da pensieri “cittadini”, l’occhio si fa piu’ acuto, cominciamo ad avvistare le aquile, gli uccelli, perfino ad apprezzare i passerotti che sono di colori assurdi, alcuni hanno sfumature metalliche..un’aquila inesperta viene quasi a scontrarsi in volo contro il nostro parabrezza: e’ maestosa, per le ali, il becco, i colori... Riusciamo ad ammirarla solo per pochi istanti ma ci toglie il fiato e – anche se non dovessimo avvistare neppure un topolino di campagna da questo momento in poi – saremmo felicissimi lo stesso.
Procediamo per ore in questa semi-savana senza limiti, ad ogni chilometro che facciamo aumenta la percezione di trovarci in un luogo magico: e’ vero infatti che subito non si riesce a cogliere totalmente quello che ti circonda, ad un certo punto sei quasi stanco della “monotonia” del paesaggio, ci vuole del tempo per avere consapevolezza di dove ti trovi. Poi dopo qualche ora, forse anche un giorno, cambia qualcosa e cominci a renderti conto...sei di fronte alla potenza della natura, se scendi dalla macchina non sopravvivi, sei di fronte alla selezione naturale, qui e’ riassunta tutta la teoria dell’adattamento, della legge del piu’ forte, lo capisci sempre di piu’ ogni metro che percorri, in ogni musetto che spunta dalle tane o in ogni corno che vedi in lontananza e tutti lottano contro qualcosa di estremo, continuamente.
Il pianeta-uomo e’ tutt’altro, ma del resto e’ affascinante anche vedere che a tuo modo riesci ad adattarti ad una condizione tanto diversa quanto questa e alla fine del weekend da inesperto turista vorresti proprio restare..
Fortunatamente qui le notti sono fresche, dandoci un po’ di sollievo e – meraviglia! – il piccolo market del campeggio offre una sostanziosa selezione di vini ( notiamo che quelli non mancano mai, ovunque andiamo!Sara’ una specie di animalesca questione di sopravvivenza per chi vive e lavora in questi luoghi? ), cosi’ ci rilassiamo intorno al fuoco, con la carne sulla brace, un orecchio teso a riconoscere i versi in lontananza e un occhio pronto al possibile incontro con qualche animaluccio notturno ( e incrociamo infatti lo sguardo curioso di numerose manguste e di uno sciacallo in cerca di cibo, tutti pare perfettamente abituati all’invadente e chiassosa presenza umana ).
I leoni li vediamo l’ultimo giorno, proprio quando ormai abbiamo perso tutte le speranze.
E’ sempre una meraviglia trovarsi a due passi da uno dei felini piu’ belli, muscolosi, arroganti, mammoni del pianeta! Li spiamo mentre sbadigliano accaldati sotto le fronde di un albero, nessun erbivoro e’ nei paraggi ( considerata anche la calura.. ) e la nostra attenzione e’ tutta per loro per molto tempo.
Come se ci avessero voluto dare l’addio, visto che di li a pochi chilometri abbiamo lasciato il parco, diretti nuovamente verso Upington, l’afosa e appicicaticcia civilta’..
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1 commento:
che spasso! grandeeeeee ragazzi
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