martedì 8 giugno 2010

Places 1

(Ci sono dei posti speciali...)

Il primo giorno, al nostro arrivo, ci hanno portato fuori a cena ... ancora sballottati dal viaggio lunghissimo, dall’emozione e dalle mille inaspettate immagini che per tutto il giorno ci erano passate davanti agli occhi, siamo stati “trascinati” nel quartiere di Observatory.
E li abbiamo fatto conoscenza con un posto particolare.
E’ un ristorante/luogo di ritrovo/cinema d’essais/aperitivo/musicale con concerti dal vivo (ormai non piu’, sigh)....Uno dei pochi locali che e’ fermo ancora li, quando tanti altri hanno chiuso, riaperto, richiuso, cambiato gestione etc., nel frattempo.
Un’istituzione insomma.
Si chiama Ganesh, nome ben poco africano ma molto evocativo.
I tavoli sono tutti alla buona (qualcuno in legno, qualche altro in formica, tutti oscillanti, quando ti siedi sulle panche piuttosto scomode sei sempre un po’ in bilico e c’e’ sempre qualcosa sotto il sedere che ti da fastidio), le luci sono basse (si, so che nasconde molto sotto quell’atmosfera un po’... romantica) e dei bagni non parliamo neanche (pero’, puoi vedere le stelle riflesse nei tuoi occhi..chi puo’ capire capisca).
Insomma una bettolaccia..
Ma il cibo non e’ malaccio, sicuramente economico, africano con qualche mix “esotico” (che prende il nome di parmigiana di melanzane) e ci piace tanto portare qui chiunque venga a trovarci...inoltre, e’ il primo posto al mondo dove ho mangiato la meringa al limone e mi e’ piaciuta ( e’ buonissima )!
Il menu’ e’ stra-fisso, non e’ cambiato di una virgola da quando ci sono entrata per la prima volta ormai un anno e mezzo fa: spingbok, roti, pap and veg, bobotie, umqusho e – come ho detto prima – qualche influenza mediterranea tipo falafel, oltre alla parmigiana..

Difficile spiegare perche’ il Ganesh mi piaccia. Saranno i colori, sara’ che entrando ti sembra di entrare a casa di un amico, sara’ che e’ tutto cosi’ precario, pare che da un momento all’altro debba essere smantellato, sara’ che e’ stato il primo contatto con questo Sudafrica, sara’ l’insieme di tutto.
In piu’, lo associo molto ad una scena che per me significa tantissimo.
Era sempre quel famoso primo giorno, eravamo li con queste persone, a fine cena dovevano andar via e avevo lasciato delle cose nella loro macchina. Sono uscita quindi con loro per riprenderle.
Una volta arrivata alla macchina, mi hanno detto: se fossi in te non andrei in giro da sola, con uno zaino, qui in questo quartiere.
Terrore.
Se riascolto quelle parole, che ricordo come se mi fossero state appena dette, vedo me in Sudafrica, appena arrivata, scatapultata dall’Italia, contenta, strafelice, che comincia a guardarsi intorno, minuscola e terrorizzata, a realizzare la paura: una cosa con cui non avevo fatto i conti per niente. La violenza, l’essere bianco...Tutti intorno hanno cominciato ad apparirmi come nemici, come persone da cui guardarsi, le mie antenne guardinghe si sono rizzate per la prima volta (ed e’ stato cosi’ per un bel po’ di tempo).
Sono ritornata nel Ganesh completamente spaesata e col cuore a mille per avere camminato da sola per ben 5 metri (dalla macchina al locale appunto), di sera etc etc ed essere ancora viva, tutta intera.
Il Ganesh rappresenta l’inizio di tutto e anche la fine, nel senso che tutto e’ cambiato poi dopo, per fortuna. Non ho piu’ paura di camminare la sera ad Observatory, perche’ in realta’ non c’e’ nulla da temere.
Vivere nel terrore poi sarebbe un non-vivere.
Questa cosa non l’ho mai detta a quella persona, perche’ se ha vissuto tutta una vita da sudafricano bianco con la paura, non sta a me scrollargli di dosso questa convinzione.
Ma (non-)va bene cosi’.

Volevo solo omaggiare il Ganesh, dove tutto e’ iniziato (e per fortuna gia’ finito) e continua ancora.

1 commento:

Alchimilla ha detto...

Oh ma mi vuoi proprio torturare???? Quanto mi ricordo quel racconto che mi facesti... e quanto c'è di vero invece nella bellezza del passeggiare sorridendo intorno al Ganesh, lì dove tutto inizia. Un bacione, Sudafricana del mio cuoreeee!